giovedì 10 luglio 2008
Mario Merz
Mario Merz il mistico, alla continua ricerca dei principi che regolano l'universo organico e le energie della natura. Mario Merz l'archeologo, indagatore di forme archetipiche, figure ancestrali, animali preistorici, creature primitive e incontaminate. Mario Merz l'alchimista sognatore, trasformatore di oggetti semplici e poveri in materiali dalla dorata velleità artistica, demiurgo traghettatore dall'organico all'inorganico. Mario Merz il matematico, appassionato interprete del numero e della sequenza numerica di Fibonacci, come emblema di quell'energia magica insita nella materia, come sistema capace di rappresentare i processi di crescita della natura. Mario Merz l'artista filosofo che ha scelto la spirale - la sua forza, la sua spinta, il suo divenire circolare, il suo dinamismo continuo, crescente e centrifugo - per raccontare il movimento cosmico, il ciclo continuo e rigenerante della natura, non altro che la vita, la crescita di un oggetto-essere nello spazio.
Questo è stato Mario Merz, dall'inizio alla fine della sua attività creativa, fin da quando giovanissimo militante nel gruppo antifascista Libertà e Giustizia venne rinchiuso nelle carceri Nuove di Torino, e cominciò a disegnare, sperimentando un tratto grafico continuo, ottenuto senza mai staccare la punta della matita dal foglio, ipotizzando già allora l'idea di un'arte nuova che esprimesse, come farà la sua spirale, l'essenza fisiologica della vita.
"I miei quadri non devono necessariamente essere appesi alle pareti - spiegava Merz - potrebbero essere posati sul pavimento o essere attaccati al soffitto... i miei ultimi lavori finiscono col non essere neanche più dei quadri, per essere semplicemente delle proiezioni della sensibilità moderna".
E quanto mai moderna cominciò ad essere la sua smania di lavorare sulla trasmissione di energie dall'organico all'inorganico, alla metà degli anni Sessanta. Il neon appariva come linfa vitale in questa creazione animista. "Bicchieri", "bottiglie", "ombrelli" appaiono trapassati da tubolari al neon. Materiali diversi ed eterogenei sembrano unificati dalla luce. E repentinamente lo sconfinamento dal piano bidimensionale si conclude. "Sit-in" e "Igloo - Mai alzata pietra su pietra" lo testimoniano. Una struttura tubolare in ferro animata dal neon e la neonata forma archetipa dell'igloo segnano il nuovo corso intrapreso da Mario Merz.
Come accade per tutti i Movimenti, l'espressione artistica individuale trasfigura in arte alchemica quando diviene "presentazione" spontanea, immediata e istintiva di una delle molteplici modalità espressive dell'animo umano. L'artista, non diversamente dall'atleta o dall'attore, agisce, esprime e crea spontaneamente influenzato dalla percezione creativa (il Se creativo/la luce del neon che unifica lo sguardo sulle cose)
Ogni artista presenta una specifica selezione di immagini, colori, forme e timbri materici che hanno la proprietà di esprimere le sensazioni, le emozioni e le esperienze del conflitto. Il conflitto emotivo, materiale e sociale viene codificato in immagini che hanno la funzione di riportare l'organismo in equilibrio. Non diversamente dal meccanismo cerebrale che "costruisce" le immagini dei sogni, l'artista trasforma il "riflesso onirico" proiettato dal subconscio in realtà. Lo studio dell'Arte non è difforme, nella sostanza, allo studio dei sogni. Ecco perché i critici d'arte non capiscono il significato autentico dei simboli, ma anche la psicoanalisi è ben lontana dal fondare una scienza dell'interpretazione, troppo limitata alle funzioni dell'Es, dell'Eros, della Pulsione o della Volontà.
Merz, non diversamente da Van Gogh, interpreta un disagio mentale. Il conflitto non è generato dal rapporto con la società dei consumi, ma dall' incapacità dell'anima di relazionarsi con le nuove immagini di culto. Anticipando l'iconoclastia del XXI secolo, Merz produce gli archetipi, i modelli e i simboli della "religione artistica del Se", la stessa anticipata sei secoli prima dalla gnosi francescana e rinascimentale. L'energia elettrica che fluisce nei tubi di neon è una metafora alchemica del Se creativo, della percezione illuminata delle cose tra loro diverse, ma rese uguali dalla comprensione intuitiva del legame esistente tra la luce (coscienza) e la materia (realtà). E' infatti la "luce della coscienza" a creare i molteplici mondi (reali o virtuali) dell'immaginazione e ad accendere lo schermo notturno in cui si proiettano i sogni dell'anima
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